• Sentenze Ente: Corte Costituzionale
 le esigenze unitarie poste a base di un eventuale accentramento nello Stato della competenza ad attuare una direttiva comunitaria – in deroga al quadro costituzionale interno di ripartizione della funzione legislativa – devono discendere con evidenza dalla stessa normativa comunitaria, sulla base di esigenze organizzative che ragionevolmente facciano capo all’Unione europea (sentenza n. 126 del 1996).
 
La legittimità dell’intervento legislativo di una Regione in funzione attuativa di una direttiva comunitaria dipende, per quanto detto sopra, dalla sua inerenza ad una materia attribuita  alla potestà legislativa regionale.
 

 

SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione
Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee.
Attuazione della direttiva 2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE. Legge comunitaria 2004), pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione n.19 dell’11 maggio 2005, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato l’8 luglio 2005, depositato in cancelleria il 14 luglio 2005 ed iscritto
al n. 70 del registro ricorsi del 2005.
Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 2006 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato l’8 luglio 2005 e depositato il 14 luglio 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE. Legge comunitaria 2004), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 19 dell’11 maggio 2005, in riferimento agli artt. 4, 5 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), all’art. 117, primo comma, secondo comma, lettere r) e s), e quinto comma, della Costituzione, ed all’art. 16 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari).
Il ricorrente premette che, pur non di sconoscendo la competenza delle Regioni e delle Province autonome a recepire le di rettive comunitarie, il rispetto delle attribuzioni costituzionali di Stato e Regione deve essere valutato in relazione al limite contenuto nel primo comma dell’art. 117 Cost., che, «in aderenza all’obbligo di armonizzazione derivante dalla appartenenza dell’Italia alla Unione europea, impone la necessità della valutazione degli interessi unitari che discendono dalla finalità della normativa comunitaria da recepire». In questa prospettiva andrebbe interpretato anche quanto stabilito dall’art. 16 della legge statale n. 11 del 2005.
Invece, ad avviso del Presidente del Consiglio, la legge regionale impugnata non avrebbe tenuto conto delle suddette esigenze unitarie, recependo direttive il cui procedimento di attuazione da parte del legi
slatore statale si è già concluso o sta per
concludersi.
1.1. – Con riguardo allo specifico contenuto della legge impugnata, il ricorso governativo rileva, preliminarmente, che la disciplina prevista nei Capi I e II, essendo Proprio in relazione alla norma da ultimo citata, la difesa regionale osserva che mentre questa prevede l’immediata applicazione delle norme statali, l’art. 50 del d.lgs.n. 152 del 2006 – attuativo a livello
statale della citata direttiva – dispone che le Regioni adeguino le proprie norme alle disposizioni statali in tema di VAS entro il termine di centoventi giorni dalla pubblicazione del  presente decreto e che, in mancanza di adeguamento, si applichino le norme statali.
Secondo la resistente, quindi, il d.lgs. n.152 del 2006 avallerebbe l’esistenza di discipline regionali in materia di VAS e consentirebbe l’ulteriore applicazione di quelle discipline per centoventi giorni.
In merito alla censura fondata sull’art. 117, quinto comma, Cost., la difesa regionale afferma che la sua infondatezza risulterebbe da quanto sopra esposto, poiché la Regione non avrebbe legiferato «fuori materia».
3.2. – Con riferimento alla presunta illegittimità delle norme contenute nel Capo II della legge impugnata, la resistente, dopo averne illustrato il contenuto, esamina le diverse censure prospettate nel ricorso dello Stato.
Quanto al contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., la difesa regionale richiama le argomentazioni già svolte in relazione all’analoga censura avanzata contro il Capo I della legge reg. n. 11 del 2005, sia in relazione alla «duplice inammissibilità» della questione (per mancata motivazione sulla applicabilità di una norma del titolo V della parte seconda della  Costituzione ad una Regione a statuto speciale e per genericità della censura), sia relativamente alla sua infondatezza. Anche per quanto concerne la presunta violazione degli artt. 4, 5 e 6 dello statuto speciale, la difesa regionale rinvia alle argomentazioni svolte in relazione al Capo I, nelle quali è stato evidenziato che le Regioni sono «pacificamente» dotate di
potestà legislativa in materia ambientale.
Inoltre, a detta della resistente, il Capo II della legge impugnata non attiene alla materia ambientale, sia perché non tutte le «informazioni ambientali» hanno ad oggetto specifico l’ambiente – ad esempio, l’art. 13, comma 1, lettere c), e) e f) –, sia perché «l’ambiente può essere l’oggetto delle informazioni di cui si vuole garantire la conoscibilità, ma non è l’oggetto delle norme impugnate».
Il Capo II della legge reg. n. 11 del 2005 sarebbe, invece, attinente, da un lato, alla materia dell’«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione» ed a quella dell’«ordinamento degli enti locali » (entrambe rientranti nella competenza legislativa primaria ai sensi dell’art. 4, numeri 1 e 1-bis , dello statuto friulano), e, dall’altro lato, tale normativa concernerebbe la «disciplina dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione in relazione all’azione amministrativa (in particolare, in relazione all’accesso ed al di diritto all’informazione), anch’essa di competenza regionale salva la determinazione statale dei livelli essenziali delle prestazioni».
La competenza statale da ultimo richiamata, a sua volta, non sarebbe violata, in quanto la legge reg. n. 11 del 2005 fornirebbe una «tutela più ampia» rispetto sia alla precedente legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sia al successivo d.lgs. n. 195 del 2005.
Sulla base delle suddette argomentazioni , la difesa regionale conclude per l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale.
Qualora, poi, si ritenesse che le norme impugnate rientrino nella materia «tutela dell’ambiente», la resistente ritiene che si debba escludere che esse incidano sulla competenza statale di dettare standard uniformi di tutela, per cui, anche in questo caso, la censura sarebbe infondata.
In merito alla presunta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., la Regione Friuli ritiene che tale questione sia, in primo luogo, inammissibile, perché il ricorrente non avrebbe indicato le ragioni per cui si debba applicare ad una Regione speciale una norma del titolo V della parte seconda della Costituzione. Nel merito, la questione sarebbe infondata in quanto la competenza statale in materia di coordinamento informativo ed informatico «non può certo essere dilatata fino a comprendere tutte le modalità di soddisfacimento del diritto all’informazione». Al riguardo, viene richiamata la giurisprudenza di questa Corte in cui si precisa che quella di cui all’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., è una competenza di tipo tecnico volta a rendere omogenei i dati delle diverse amministrazioni. Nel caso in esame, invece, non ricorrerebbero i caratteri sopra indicati.
3.3. – A parere della Regione resistente, risulterebbe inammissibile ed infondata anche la questione di legittimità costituzionale relativa al Capo III della legge reg. n. 11 del 2005.
Quanto all’inammissibilità, la Regione osserva che le norme in esame non sono oggetto di impugnazione né nella delibera del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2005, né nella relazione del Dipartimento per gli affari regionali cui la delibera rinvia.
La questione sarebbe, inoltre, inammissibile in relazione all’art. 117, primo comma, Cost., in quanto non è motivata l’applicabilità ad una Regione speciale di una norma del titolo V della parte seconda della Costituzione, ed in relazione all’art. 117, quinto comma, Cost., in quanto «l’Avvocatura non spiega in modo sufficiente perché le norme eccederebbero la competenza regionale».
Nel merito, la questione sarebbe infondata; infatti, stante l’incidenza delle norme impugnate su materie di competenza regionale, il carattere tecnico della direttiva non escluderebbe il potere delle Regioni di darvi attuazione.
Considerato in diritto
1. – Con ricorso notificato l’8 luglio 2005 e depositato il 14 luglio 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE. Legge comunitaria 2004), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 19 dell’11 maggio 2005, in riferimento agli artt. 4, 5 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), all’art. 117, primo comma, secondo comma, lettere r) e s), e quinto comma, della Costituzione, ed all’art. 16 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari).
2. – Per quanto riguarda il Capo III della legge regionale impugnata, la questione è inammissibile.
2.1. – Nessun riferimento al suddetto Capo III compare nella deliberazione del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2005, avente ad oggetto la determinazione del Governo di impugnare la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 2005.
Anche la relazione del Dipartimento per gli Affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, allegata alla deliberazione di cui sopra, prende in considerazione soltanto i Capi I e II della predetta legge e non fa menzione alcuna del Capo III.
3. – Il ricorrente censura innanzitutto l’intera legge regionale, per il fatto stesso di dare attuazione a tre direttive comunitarie incidenti su materie «aventi un carattere fortemente  unitario», mentre il primo comma dell’art. 117 Cost. imporrebbe la necessità di una attuazione esclusivamente statale, proprio in ragione degli «interessi unitari che discendono dalla finalità della normativa comunitaria da recepire».
3.1. – La questione non è fondata.
A prescindere dal fatto che il ricorrente non motiva la richiesta di applicare una norma del titolo V della parte seconda della Costituzione ad una legge di una Regione a statuto speciale, bisogna ricordare che questa Corte ha già precisato che le esigenze unitarie poste a base di un eventuale accentramento nello Stato della competenza ad attuare una direttiva comunitaria – in deroga al quadro costituzionale interno di ripartizione della funzione legislativa – devono discendere con evidenza dalla stessa normativa comunitaria, sulla base di esigenze organizzative che ragionevolmente facciano capo all’Unione europea (sentenza n. 126 del 1996).
Nel caso di specie, la necessità di attuazione unitaria, da effettuarsi esclusivamente da parte dello Stato, non emerge da alcuna norma delle direttive in esame. Resta impregiudicato, pertanto, il quadro costituzionale di ripartizione delle competenze legislative, che non subisce nella fattispecie alcuna deroga ascrivibile a specifiche esigenze unitarie evidenziate dalla normativa comunitaria. In assenza di precise norme comunitarie che prescrivano l’accentramento – la cui legittimità, alla luce dell’ordinamento costituzionale interno, dovrebbe essere valutata caso per caso – il richiamo generico, fatto dal ricorrente, al primo comma dell’art. 117 Cost. – che si limita a prescrivere il rispetto, da parte delle leggi statali e regionali, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – è inconferente e si pone in contraddizione con il quinto comma del medesimo art. 117, che prevede esplicitamente la competenza delle Regioni e delle Province autonome all’attuazione degli atti dell’Unione europea nelle materie di loro competenza.
La legittimità dell’intervento legislativo di una Regione in funzione attuativa di una direttiva comunitaria dipende, per quanto detto sopra, dalla sua inerenza ad una materia attribuita  alla potestà legislativa regionale. Lo scrutinio di costituzionalità deve essere pertanto basato sui commi secondo, terzo e quarto del citato art. 117 Cost., non già sul primo comma, come invece prospettato dalla difesa del ricorrente.
4. – Il Presidente del Consiglio censura in modo specifico il Capo I (artt. 2-12) della legge regionale impugnata per violazione degli artt. 4, 5 e 6 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia e dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto le norme in esso contenute riguarderebbero una materia, la tutela dell’ambiente, che esula dalla competenza legislativa della Regione e rientra nella competenza esclusiva dello Stato. Le norme in parola sarebbero pure in contrasto con l’art. 117, quinto comma, Cost., in quanto, trattandosi di materia di competenza esclusiva dello Stato, non spetterebbe alla Regione provvedere all’attuazione della direttiva comunitaria.
4.1. – La questione non è fondata.
4.2. – La direttiva 2001/42/CE, in tema di valutazione ambientale strategica (VAS), ha «l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che [...] venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente» (art. 1). Nel punto 4 del “considerando” della citata direttiva
si precisa: «La valutazione ambientale costituisce un importante strumento per l’integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell’elaborazione e nell’adozione di taluni piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente negli Stati membri, in quanto garantisce che gli effetti dell’attuazione dei piani e dei programmi in questione siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro adozione».
Come si evince da quanto sopra riportato, il legislatore comunitario pone più volte, nel testo della direttiva, l’accento sulla necessità di integrazione delle esigenze connesse alla tutela dell’ambiente. Tale principio trova espresso riconoscimento nell’art.6 del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità europea.
In base all’art. 3 della direttiva, i piani e programmi per i quali deve essere effettuata la valutazione ambientale strategica sono quelli «a) che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione
dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE o b) per i quali, in considerazione dei  possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE». Secondo l’art. 4 della citata direttiva 2001/42/CE, la valutazione ambientale «deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all’avvio della relativa procedura legislativa». Inoltre, le condizioni stabilite nella suddetta norma comunitaria «sono integrate nelle procedure degli Stati membri per l’adozione dei piani e dei programmi o nelle procedure definite
per conformarsi alla presente direttiva».
La valutazione ambientale strategica pervade ambiti materiali diversi. Ciò viene reso esplicito dal punto 9 del “considerando”, in cui si afferma che «la presente direttiva ha carattere procedurale e le sue disposizioni dovrebbero essere integrate nelle procedure esistenti negli Stati membri o incorporate in procedure specificamente stabilite. Gli Stati membri dovrebbero eventualmente tener conto del fatto che le valutazioni saranno effettuate a diversi livelli di una gerarchia di piani e di programmi, in modo da evitare duplicati».
4.3. – Di fronte al suindicato quadro normativo comunitario, si deve rilevare che il Capo I della legge regionale impugnata stabilisce: all’art. 2, che «le disposizioni contenute nel presente capo danno attuazione nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia alla direttiva 2001/42/CE con riferimento alle materie di competenza regionale e nel rispetto dei principi generali desumibili dalla medesima, nonché dei principi e criteri direttivi generali contenuti nella normativa statale»; all’art. 3, comma 2, che «si considerano avere effetti significativi sull’ambiente i piani e i programmi elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli [...]»; all’art. 12, che «Le disposizioni contenute nel presente capo e nei regolamenti attuativi sono adeguate agli eventuali principi generali successivamente individuati dallo Stato nelle proprie materie di competenza esclusiva e concorrente di cui all’art. 117, commi 2 e 3, della Costituzione» e che «gli atti normativi statali di cui al comma 1 si applicano in luogo delle disposizioni regionali in contrasto, sino all’entrata in vigore della normativa regionale di
adeguamento».
4.4. – Da quanto detto si deduce che la valutazione ambientale strategica, disciplinata dalla direttiva 2001/42/CE, attiene alla materia «tutela dell’ambiente». Da tale constatazione non deriva tuttavia la conseguenza che ogni competenza regionale sia esclusa. Questa Corte ha più volte sottolineato la peculiarità della materia in esame, ponendo in rilievo la sua intrinseca “trasversalità”, con la conseguenza che, in ordine alla stessa, «si manifestano competenze diveerse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale» (sentenza n. 407 del 2002), e che «la competenza esclusiva dello Stato non è incompatibile con interventi specifici del legislatore regionale che si attengano a lle proprie competenze» (sentenza n. 259 del 2004).
La “trasversalità” della materia «tutela dell’ambiente» emerge, con particolare evidenza, con riguardo alla valutazione ambientale strategica, che abbraccia anche settori di sicura competenza regionale. Posto ciò, dall’esame del Capo I della legge impugnata non vengono in rilievo norme destinate ad incidere in campi di disciplina riservati allo Stato. A questa conclusione contribuiscono anche due clausole – contenute nei sopra ricordati artt. 2 e 12 – in base alle quali la legislazione regionale si adegua ai principi e criteri generali della legislazione statale anche successiva, mentre, nell’ipotesi di norme regionali in contrasto, le stesse vengono automaticamente sostituite, nell’applicazione concreta, dalle norme statali, sino a quando la Regione non provveda ad emanare leggi di adeguamento.
In definitiva, la Regione, tramite il Capo I della legge impugnata, da una parte, circoscrive l’attuazione da essa data alla direttiva 2001/42/CE alle sole materie di propria competenza, e, dall’altra, si impegna a rispettare i principi e criteri generali della legislazione statale e ad adeguare progressivamente a questi ultimi la propria normativa.
Non risultano pertanto violati né gli artt. 4, 5 e 6 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia né l’art. 117, secondo e quinto comma, Cost., specularmene evocati dal ricorrente, il quale pure ha omesso specifiche considerazioni sull’applicabilità del titolo V della parte seconda della Costituzione ad una Regione ad autonomia differenziata.
5. – Un’ulteriore censura riguarda il Capo II (artt. 13-15) della legge regionale impugnata, che attua la direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, per violazione: degli artt. 4, 5 e 6 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, e dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la normativa impugnata  riguarderebbe una materia, la tutela dell’ambiente, che esula dalla competenza legislativa regionale ed appartiene invece alla competenza esclusiva dello Stato; dell’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., in quanto, trattandosi dell’accesso del pubblico all’informazione ambientale, la normativa impugnata riguarderebbe una materia “contigua” al «coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale», di competenza esclusiva dello Stato;
dell’art. 117, quinto comma, Cost., in quanto, trattandosi di materia di competenza esclusiva dello Stato, non spetterebbe alla Regione provvedere all’attuazione della direttiva comunitaria.
5.1. – La questione non è fondata.
5.2. – Con riferimento alle norme statutarie evocate dal ricorrente ed alle norme speculari di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), e quinto comma, Cost., si deve osservare che l’oggetto delle norme impugnate non è la tutela dell’ambiente, ma la tutela del diritto dei cittadini ad accedere alle informazioni ambientali. Si tratta di un aspetto specifico della più generale tematica del diritto di accesso del pubblico ai dati ed ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni. L’art. 22, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa), dopo aver stabilito che l’accesso ai documenti amministrativi costituisce principio generale dell’attività amministrativa ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., precisa: «Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela».
L’art. 29, comma 2, della medesima legge aggiunge: «Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente
legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge».
Il Capo II della legge regionale impugnata si attiene ai limiti tracciati dalla legislazione statale in materia di diritto di accesso del pubblico alle informazioni, prevedendo specifiche norme sull’informazione ambientale, che non sono rivolte, pertanto, alla tutela dell’ambiente, ma ad una migliore conoscenza, da parte dei cittadini, dei problemi ambientali concreti
. Ciò è confermato dall’art. 14, comma 2, della legge regionale impugnata, il quale prevede che «il diritto di accesso all’informazione ambientale è esercitato nei confronti dell’amministrazione regionale e degli enti regionali secondo le modalità stabilite dagli articoli 58 e seguenti della legge regionale n. 7 del 2000». Il primo comma del medesimo articolo, che si riferisce al «diritto di accesso all’informazione ambientale in possesso delle amministrazione pubbliche», deve essere interpretato alla luce del citato
comma 2, escludendosi pertanto che la Regione possa legiferare in merito all’accesso ad atti, documenti o notizie in possesso di amministrazioni statali.
5.3. – Il parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost. – la cui applicazione ad una Regione a statuto speciale non è peraltro motivata dal ricorrente – è inconferente rispetto al presente giudizio, giacché riguarda l’attività di coordinamento informativo e informatico, che serve ad «assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione» (sentenza n. 17 del 2004). Nulla a che vedere, quindi, con le norme che disciplinano l’accesso dei cittadini all’informazione ambientale.
6. – Le considerazioni svolte sull’infondatezza delle diverse censure della legge regionale impugnata, avanzate dal ricorrente con riferimento a norme di rango
costituzionali, valgono a motivare la non fondatezza delle stesse con riferimento all’art.16 della legge statale n. 11 del 2005, quale norma interposta.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
inammissibile la questione di legi ttimità costituzionale del Capo III della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE. Legge comunitaria 2004), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso citato in epigrafe, in riferimento all’art. 117, primo e quinto comma, della Costituzione, ed all’art. 16 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari);
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale del Capo I della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 2005, promossa dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso citato in epigrafe, in riferimento agli artt. 4, 5 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.1 (Statuto speciale della Regione Friuli-
Venezia Giulia), all’art. 117, primo comma, secondo comma, lettera s), e quinto comma, Cost., ed all’art.16 della legge n. 11 del 2005;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del Capo II della medesima legge regionale promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il
ricorso citato in epigrafe, in riferimento agli artt. 4, 5 e 6 della legge cost. n. 1 del 1963 ed all’art. 117, primo comma, secondo comma, lettere r) e s), e quinto comma, Cost.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2006.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l’1 dicembre 2006.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
 

No comments

Leave your comment

In reply to Some User